
Itinerario Abbazia benedettina-Acquedotto romano-Chiesa San
Vincenzo e ritorno
lunghezza:
Km
6
A/R circa
difficoltà:
bassa
durata:
4
h A/R escluse le soste
segnaletica:
cai
motivi di interesse:
storico, naturalistico,
religioso
approv. idrico:
sorgente frestola badia
abbigliamento:
a strati, crema solare e cappellino-
scarpe da trekking o da ginnastica
mezzi di trasporto:
auto proprie o bus
pranzo:
a sacco
Contributo: 3€
per la visita (facoltativa) all’Abazia,
facoltativo per le attività GEN
Gli interessati alla visita all’Abazia sono pregati di
confermare la loro adesione entro venerdì per rendere l’esatto
numero dei visitatori all’organizzatore.
Appuntamento:
ore 9
all’uscita del casello autostradale di Cava
N.B:
L’attività proposta è riservata ai soci GEN i quali sono
invitati a portare con se la tessera non scaduta, eccezionalmente
per i simpatizzanti non ancora associati è possibile partecipare portando
possibilmente già compilata la scheda raccolta dati in allegato.
direttore
di escursione:
Daniele Paolillo
Dare sempre un cenno di adesione, prenotandovi possibilmente
entro il giorno precedente l'escursione!
Luogo degli appuntamenti, ora e itinerari potrebbero subire
variazioni anche all'ultimo momento.
contattare: Daniele Paolillo
3472525601
La Badia Benedettina della SS. Trinità sorge nell'amena valle
del ruscello Selano, a poco più di tre chilometri dalla città di
Cava, centro popoloso ed industre del Salernitano. Salendo da
Cava per la deliziosa strada asfaltata, tra boschi e radure
coltivate, il panorama si allarga sempre più sulla ridente conca
cavese fino a quando appare la visione del mare, la piana del
Sele e i monti del Cilento. Dopo un crocicchio la strada penetra
dolcemente nella valle ed ecco, in alto, dominato dal monte
Finestra, il corpo di Cava, grazioso villaggio con mura turrite,
fondato nel XI dall'abate S.Pietro I.
Ancora un breve tratto di strada intorno alle mura del Corpo di
Cava ed appare improvvisa di fronte ad un rettilineo, l'armonica
facciata settecentesca della Badia. La prima impressione è di un
edificio di modeste dimensioni, ma l'apparenza inganna perchè la
facciata nasconde un grandioso complesso monumentale ricco di
Santità, di Storia e di Arte, in cui pulsa la vita di sempre.
L'Abbazia Benedettina della Santissima Trinità di Cava fu nel
Medioevo uno dei centri religiosi e culturali più vivi e potenti
dell'Italia Meridionale. Fondata da un nobile Longobardo, S.
Alferio Pappacarbone che ebbe la visione della Santissima
Trinità sotto forma di Tre Raggi Luminosi sorgenti dalla Roccia,
ritiratosi in quei luoghi per vivere in preghiera e
contemplazione, vedrà in poco tempo sorgere una comunità
numerosa di monaci. L'Abbazia di Cava formò nell'Ordine di San
Benedetto una congregazione autonoma: la Congregazione della
Santissima Trinità di Cava, che ebbe in pochi decenni un
notevole sviluppo divenendo una delle congregazioni benedettine
più fiorenti. L'Abate della SS. Trinità di Cava nel XII e XIII
secolo governava oltre 340 chiese, più di 90 priorati, almeno 29
abbazie. Egli era anche onorato del titolo di Grande Abate di
Cava: "Magnus Abbas Cavensis". L'Abbazia della SS. Trinità di
Cava divenne la Chiesa madre dell'Ordine Cavese : " Mater vel
matrix ecclesia Ordinis Cavensis ".
La storia
Il fondatore della Badia della Santissima Trinità fu S. Alferio
Pappacarbone che nel 1011 si ritirò sotto la grande grotta
Arsiccia (significa asciutta) per trascorrervi vita
eremitica. L’accorrere dei discepoli, attratti dalla sua
santità, lo indusse a costruire un monastero di modeste
dimensioni. Morì in età molto avanzata il 12 aprile 1050. Fin
quasi alla fine del sec. XIII Alferio ebbe una serie di
successori eccezionali, di cui undici, oltre il fondatore, sono
stati riconosciuti dalla Chiesa come santi o beati. Tra di essi
si distinse S. Pietro I, nipote di Alferio, che ampliò
notevolmente il monastero e lo fece centro di una potente
congregazione monastica l' Ordo Cavensis (Ordine Cavense) con
centinaia di chiese e monasteri dipendenti, sparsi in tutta
l’Italia meridionale. Furono più di 3.000 i monaci a cui S.
Pietro diede l’abito.
Il Papa Urbano II, che lo aveva conosciuto a Cluny, nel 1092
visitò l’Abbazia e ne consacrò la basilica. Importante fu anche
il governo del B. Benincasa, che nel 1176 inviò in Sicilia un
centinaio di monaci per popolare la celebre abbazia di Monreale,
eletta dalla munificenza del re Guglielmo II. Papi e vescovi,
principi e signori feudali favorirono lo sviluppo della
Congregazione Cavense, che giovò moltissimo alla riforma della
Chiesa, promossa dai grandi papi del sec. XI, e al benessere
della società civile. I principi e signori, oltre ad offrire
feudi, beni e privilegi, donarono all’abbazia o la proprietà o
il diritto di patronato su chiese e monasteri. I vescovi
ambivano di avere nelle loro diocesi i Cavensi per il bene che
vi operavano. I Papi, oltre la conferma delle donazioni,
concessero il privilegio dell’esenzione, per cui l’abate di Cava
finì per avere una giurisdizione spirituale, dipendente solo dal
Papa, sulle terre e sulle chiese di cui la Badia aveva la
proprietà. Da parte sua Cava costituiva per i Papi un caposaldo
di cui potevano fidarsi pienamente, tanto da affidarle in
custodia alcuni antipapi. Amorosa fu la cura che gli abati
avevano delle popolazioni. Ad esse assegnavano le terre delle
vaste possessioni dell’abbazia con l’obbligo di metterle a
coltura e di prestare, dopo un certo numero di anni, o mano
d’opera o un censo proporzionato alla fertilità del suolo. Per
la difesa delle popolazioni del Cilento dalle incursioni
saracene S. Costabile e B. Simeone costruirono il castello
dell’Angelo, detto poi Castellabate. I monaci inoltre gestivano
ospizi e ospedali, che venivano generosamente destinati alle
necessità dei bisognosi ed esercitavano il ministero pastorale
nei monasteri dipendenti. Le chiese invece venivano affidate
dagli abati a sacerdoti secolari di loro fiducia. Il sec. XIV
rappresenta per Cava un periodo di ripiegamento su se stessa. E’
particolarmente curata la difesa e l’amministrazione dei beni
temporali, sono prodotte splendide opere d’arte, ma l’incidenza
dell’azione spirituale e sociale della badia, anche a causa dei
rivolgimenti politici, diminuisce sensibilmente. Nel 1394 il
papa Bonificacio IX conferì il titolo di città alla terra di
Cava, elevandola in pari tempo a diocesi autonoma, con un
proprio vescovo, che doveva però risiedere alla Badia, la cui
chiesa venne dichiarata cattedrale della diocesi di Cava. Il
monastero non sarà governato da un abate, ma da un priore e la
comunità dei monaci formerà il capitolo della cattedrale.
L'abate Mons. Angelotto Fusco nel 1431 fu elevato alla dignità
cardinalizia e, malauguratamente, volle ritenere in commenda,
percependone le rendite, l’abbazia e la diocesi cavense. Fu il
periodo degli abati commendatari, i quali portarono l’abbazia ad
una grande decadenza. Lontani da essa, la governarono mediante
fiduciari, ai quali interessava soltanto la diocesi e
l’amministrazione dei beni temporali. L’ultimo commendatario unì
la badia di Cava alla congregazione di S. Giustina da Padova. La
riforma poneva a capo della badia non più un vescovo o un
cardinale ma un abate temporaneo: così rifiorì la disciplina
monastica e il culto delle scienze e delle arti. Nel corso dei
secoli XVI-XVIII l’abbazia fu rinnovata anche
architettonicamente. L’abate D. Giulio De Palma ricostruì la
chiesa, il seminario, il noviziato, e varie altre parti del
monastero. La soppressione napoleonica, per merito dell’abate D.
Carlo Mazzacane, passò senza arrecare gravi danni alla badia: 25
monaci rimasero a guardia dello Stabilimento (tale fu il titolo
dell’abbazia) e il Mazzacane ne fu il Direttore. La
restaurazione, dopo la caduta di Napoleone, portò a un
rinnovamento dello spirito religioso. Nel 1866, in
considerazione dei valori artistici e scientifici accumulati
nelle sue mura e del fatto che era centro di una diocesi, il
monastero fu dichiarato Monumento Nazionale e, come tale, si
salvò dalla rovina a cui andarono incontro tante altre illustri
abbazie italiane. Eroica si dimostrò allora la virtù dei pochi
monaci rimasti. Aprirono un nuovo campo di apostolato monastico
istituendo un collegio laicale, che è tuttora fiorente, e
redassero il Codex Diplomaticus Cavensis, in cui pubblicarono il
testo integrale delle più antiche pergamene dell’archivio
Cavense. Si tratta di un’opera monumentale, che ha resa famosa
la Badia in tutto il mondo scientifico. I più moderni abati
hanno continuato degnamente l’opera dei SS. Padri Cavensi. Essi
hanno restaurato ed ampliato gli edifici del monastero e dato
nuovo impulso alla sua vita millenaria, che dura ininterrotta
ancora oggi.
Dopo la visita alla Millenaria Abbazia raggiungeremo l
acquedotto romano dove vedremo i resti
con le sue arcate imponenti del I - II sec. d.C., a tre ordini.
Esso fu edificato per portare l'acqua alla villa della "Gens
Metellia": per il suo sviluppo in altezza, l'opera è tra le
strutture del genere una delle più imponenti che si conservano
in Italia. Il triplice ordine di archi di questo ponte - canale
raggiunge infatti l'altezza di 21 metri.

Continuando a sinistra si scende fino alla grotta di
S.Cristoforo, dove oggi si intravedono soltanto alcuni resti del
dipinto (alcune croci). Nei pressi bisogna guardare un torrente:
è forse da questo che si deve il nome della grotta, ricordando
la leggenda del santo che guada il fiume con il Bambino Gesù
sulle spalle. Continuando lungo il sentiero arriveremo alla
chiesa di San Vincenzo.
La chiesa di San Vincenzo Ferrero è molto antica per cui non è
possibile stabilire con sicurezza la data della sua fondazione.
Trovandola citata in un documento del 1074, sotto il titolo di
Santa Maria de Maiano de Transbonea, si può opinare che sia
anteriore al se-colo XI. È noto, infatti, che nel corso del
secolo XI essa aveva dei cospicui patro-nati. Nel 1088 Vivo
Vicecomite (che nel 1058 aveva ottenuto dal principe Gisulfo II
in feudo il casale di Transbonea) e sua moglie Romana la
donarono a S. Pietro, terzo abate del monastero della SS.
Trinità di Cava, unitamente a due pezzi di ter-reno. Consultando
le bolle dei papi Eugenio III del 1149 e di Alessandro III del
1168, si trova conferma che in quel periodo detta chiesa fosse
gestita dal Mona-stero della SS.Trinità di Cava. I monaci
benedettini vi fecero costruire a fianco un conventino che
ancora oggi esiste. Accanto alla chiesa sorse anche una
Confra-ternita, che nel 1442 rendeva all'Abate un censo. La
Confraternita di S. Maria ad Martyres, mutò il nome in
Confraternita del SS. Rosario e agli inizi del '600 fu
re-alizzato l'Oratorio, con relative sepolture sottostanti,
accanto alla chiesa.
Verso le 17 per chi vuole rimanere raggiungeremo lo stadio
Simonetta Lamberti dove assisteremo alla 40 edizione della
disfida dei trombonieri.
Dal
1974 i Trombonieri di Cava de' Tirreni, suddivisi negli antichi
quattro Distretti, in rappresentanza degli otto Casali (Santissimo
Sacramento,
Filangieri,
Borgo Scacciaventi-Croce,
Monte Castello,
Senatore,
Santa Maria del Rovo,
Sant'Anna,
Sant'Anna all'Oliveto), ammantati dai colori
degli sbandieratori Cavensi e da quelli de' I Cavalieri della
Pergamena Bianca, si cimentano in una pacifica Disfida di fuoco,
per aggiudicarsi una copia della leggendaria pergamena in
bianco. |