L E G A M B I E N T E "G.E.N." 
GRUPPO 
ESCURSIONISTI NATURALIST
I -

 

 

Domenica 03 Luglio 2016

“Badia di Cava de' Tirreni-Acquedotto romano-Disfida Trombonieri”

 

 

Itinerario Abbazia benedettina-Acquedotto romano-Chiesa San Vincenzo e ritorno

lunghezza: Km 6 A/R circa

difficoltà: bassa

durata: 4 h A/R escluse le soste

segnaletica:  cai

motivi di interesse:  storico, naturalistico, religioso

approv. idrico:  sorgente frestola badia

abbigliamento: a strati, crema solare e cappellino- scarpe da trekking o da ginnastica

mezzi di trasporto: auto proprie o bus

pranzo: a sacco

Contributo: 3€ per la visita (facoltativa) all’Abazia, facoltativo per le attività GEN

Gli interessati alla visita all’Abazia sono pregati di confermare la loro adesione entro venerdì per rendere l’esatto numero dei visitatori all’organizzatore.

Appuntamento: ore 9 all’uscita del casello autostradale di Cava

N.B: L’attività proposta è riservata ai soci GEN i quali sono invitati a portare con se la tessera non scaduta, eccezionalmente per i simpatizzanti non ancora associati è possibile partecipare portando possibilmente già compilata la scheda raccolta dati in allegato.

direttore di escursione: Daniele Paolillo

Dare sempre un cenno di adesione, prenotandovi possibilmente entro il giorno precedente l'escursione!

Luogo degli appuntamenti, ora e itinerari potrebbero subire variazioni anche all'ultimo momento.

contattare: Daniele Paolillo 3472525601

 

La Badia Benedettina della SS. Trinità sorge nell'amena valle del ruscello Selano, a poco più di tre chilometri dalla città di Cava, centro popoloso ed industre del Salernitano. Salendo da Cava per la deliziosa strada asfaltata, tra boschi e radure coltivate, il panorama si allarga sempre più sulla ridente conca cavese fino a quando appare la visione del mare, la piana del Sele e i monti del Cilento. Dopo un crocicchio la strada penetra dolcemente nella valle ed ecco, in alto, dominato dal monte Finestra, il corpo di Cava, grazioso villaggio con mura turrite, fondato nel XI dall'abate S.Pietro I.

Ancora un breve tratto di strada intorno alle mura del Corpo di Cava ed appare improvvisa di fronte ad un rettilineo, l'armonica facciata settecentesca della Badia. La prima impressione è di un edificio di modeste dimensioni, ma l'apparenza inganna perchè la facciata nasconde un grandioso complesso monumentale ricco di Santità, di Storia e di Arte, in cui pulsa la vita di sempre.

L'Abbazia Benedettina della Santissima Trinità di Cava fu nel Medioevo uno dei centri religiosi e culturali più vivi e potenti dell'Italia Meridionale. Fondata da un nobile Longobardo, S. Alferio Pappacarbone che ebbe la visione della Santissima Trinità sotto forma di Tre Raggi Luminosi sorgenti dalla Roccia, ritiratosi in quei luoghi per vivere in preghiera e contemplazione, vedrà in poco tempo sorgere una comunità numerosa di monaci. L'Abbazia di Cava formò nell'Ordine di San Benedetto una congregazione autonoma: la Congregazione della Santissima Trinità di Cava, che ebbe in pochi decenni un notevole sviluppo divenendo una delle congregazioni benedettine più fiorenti. L'Abate della SS. Trinità di Cava nel XII e XIII secolo governava oltre 340 chiese, più di 90 priorati, almeno 29 abbazie. Egli era anche onorato del titolo di Grande Abate di Cava: "Magnus Abbas Cavensis". L'Abbazia della SS. Trinità di Cava divenne la Chiesa madre dell'Ordine Cavese : " Mater vel matrix ecclesia Ordinis Cavensis ".

 

 La storia

 Il fondatore della Badia della Santissima Trinità fu S. Alferio Pappacarbone che nel 1011 si ritirò sotto la grande grotta Arsiccia (significa asciutta) per trascorrervi vita eremitica. L’accorrere dei discepoli, attratti dalla sua santità, lo indusse a costruire un monastero di modeste dimensioni. Morì in età molto avanzata il 12 aprile 1050. Fin quasi alla fine del sec. XIII Alferio ebbe una serie di successori eccezionali, di cui undici, oltre il fondatore, sono stati riconosciuti dalla Chiesa come santi o beati. Tra di essi si distinse S. Pietro I, nipote di Alferio, che ampliò notevolmente il monastero e lo fece centro di una potente congregazione monastica l' Ordo Cavensis (Ordine Cavense) con centinaia di chiese e monasteri dipendenti, sparsi in tutta l’Italia meridionale. Furono più di 3.000 i monaci a cui S. Pietro diede l’abito.

 

Il Papa Urbano II, che lo aveva conosciuto a Cluny, nel 1092 visitò l’Abbazia e ne consacrò la basilica. Importante fu anche il governo del B. Benincasa, che nel 1176 inviò in Sicilia un centinaio di monaci per popolare la celebre abbazia di Monreale, eletta dalla munificenza del re Guglielmo II. Papi e vescovi, principi e signori feudali favorirono lo sviluppo della Congregazione Cavense, che giovò moltissimo alla riforma della Chiesa, promossa dai grandi papi del sec. XI, e al benessere della società civile. I principi e signori, oltre ad offrire feudi, beni e privilegi, donarono all’abbazia o la proprietà o il diritto di patronato su chiese e monasteri. I vescovi ambivano di avere nelle loro diocesi i Cavensi per il bene che vi operavano. I Papi, oltre la conferma delle donazioni, concessero il privilegio dell’esenzione, per cui l’abate di Cava finì per avere una giurisdizione spirituale, dipendente solo dal Papa, sulle terre e sulle chiese di cui la Badia aveva la proprietà. Da parte sua Cava costituiva per i Papi un caposaldo di cui potevano fidarsi pienamente, tanto da affidarle in custodia alcuni antipapi. Amorosa fu la cura che gli abati avevano delle popolazioni. Ad esse assegnavano le terre delle vaste possessioni dell’abbazia con l’obbligo di metterle a coltura e di prestare, dopo un certo numero di anni, o mano d’opera o un censo proporzionato alla fertilità del suolo. Per la difesa delle popolazioni del Cilento dalle incursioni saracene S. Costabile e B. Simeone costruirono il castello dell’Angelo, detto poi Castellabate. I monaci inoltre gestivano ospizi e ospedali, che venivano generosamente destinati alle necessità dei bisognosi ed esercitavano il ministero pastorale nei monasteri dipendenti. Le chiese invece venivano affidate dagli abati a sacerdoti secolari di loro fiducia. Il sec. XIV rappresenta per Cava un periodo di ripiegamento su se stessa. E’ particolarmente curata la difesa e l’amministrazione dei beni temporali, sono prodotte splendide opere d’arte, ma l’incidenza dell’azione spirituale e sociale della badia, anche a causa dei rivolgimenti politici, diminuisce sensibilmente. Nel 1394 il papa Bonificacio IX conferì il titolo di città alla terra di Cava, elevandola in pari tempo a diocesi autonoma, con un proprio vescovo, che doveva però risiedere alla Badia, la cui chiesa venne dichiarata cattedrale della diocesi di Cava. Il monastero non sarà governato da un abate, ma da un priore e la comunità dei monaci formerà il capitolo della cattedrale. L'abate Mons. Angelotto Fusco nel 1431 fu elevato alla dignità cardinalizia e, malauguratamente, volle ritenere in commenda, percependone le rendite, l’abbazia e la diocesi cavense. Fu il periodo degli abati commendatari, i quali portarono l’abbazia ad una grande decadenza. Lontani da essa, la governarono mediante fiduciari, ai quali interessava soltanto la diocesi e l’amministrazione dei beni temporali. L’ultimo commendatario unì la badia di Cava alla congregazione di S. Giustina da Padova. La riforma poneva a capo della badia non più un vescovo o un cardinale ma un abate temporaneo: così rifiorì la disciplina monastica e il culto delle scienze e delle arti. Nel corso dei secoli XVI-XVIII l’abbazia fu rinnovata anche architettonicamente. L’abate D. Giulio De Palma ricostruì la chiesa, il seminario, il noviziato, e varie altre parti del monastero. La soppressione napoleonica, per merito dell’abate D. Carlo Mazzacane, passò senza arrecare gravi danni alla badia: 25 monaci rimasero a guardia dello Stabilimento (tale fu il titolo dell’abbazia) e il Mazzacane ne fu il Direttore. La restaurazione, dopo la caduta di Napoleone, portò a un rinnovamento dello spirito religioso. Nel 1866, in considerazione dei valori artistici e scientifici accumulati nelle sue mura e del fatto che era centro di una diocesi, il monastero fu dichiarato Monumento Nazionale e, come tale, si salvò dalla rovina a cui andarono incontro tante altre illustri abbazie italiane. Eroica si dimostrò allora la virtù dei pochi monaci rimasti. Aprirono un nuovo campo di apostolato monastico istituendo un collegio laicale, che è tuttora fiorente, e redassero il Codex Diplomaticus Cavensis, in cui pubblicarono il testo integrale delle più antiche pergamene dell’archivio Cavense. Si tratta di un’opera monumentale, che ha resa famosa la Badia in tutto il mondo scientifico. I più moderni abati hanno continuato degnamente l’opera dei SS. Padri Cavensi. Essi hanno restaurato ed ampliato gli edifici del monastero e dato nuovo impulso alla sua vita millenaria, che dura ininterrotta ancora oggi.

 

Dopo la visita alla Millenaria Abbazia raggiungeremo l acquedotto romano dove vedremo i resti con le sue arcate imponenti del I - II sec. d.C., a tre ordini. Esso fu edificato per portare l'acqua alla villa della "Gens Metellia": per il suo sviluppo in altezza, l'opera è tra le strutture del genere una delle più imponenti che si conservano in Italia. Il triplice ordine di archi di questo ponte - canale raggiunge infatti l'altezza di 21 metri.   

                                                         DSC06325                      DSC06326

Continuando a sinistra si scende fino alla grotta di S.Cristoforo, dove oggi si intravedono soltanto alcuni resti del dipinto (alcune croci). Nei pressi bisogna guardare un torrente: è forse da questo che si deve il nome della grotta, ricordando la leggenda del santo che guada il fiume con il Bambino Gesù sulle spalle. Continuando lungo il sentiero arriveremo alla chiesa di San Vincenzo.

La chiesa di San Vincenzo Ferrero è molto antica per cui non è possibile stabilire con sicurezza la data della sua fondazione. Trovandola citata in un documento del 1074, sotto il titolo di Santa Maria de Maiano de Transbonea, si può opinare che sia anteriore al se-colo XI. È noto, infatti, che nel corso del secolo XI essa aveva dei cospicui patro-nati. Nel 1088 Vivo Vicecomite (che nel 1058 aveva ottenuto dal principe Gisulfo II in feudo il casale di Transbonea) e sua moglie Romana la donarono a S. Pietro, terzo abate del monastero della SS. Trinità di Cava, unitamente a due pezzi di ter-reno. Consultando le bolle dei papi Eugenio III del 1149 e di Alessandro III del 1168, si trova conferma che in quel periodo detta chiesa fosse gestita dal Mona-stero della SS.Trinità di Cava. I monaci benedettini vi fecero costruire a fianco un conventino che ancora oggi esiste. Accanto alla chiesa sorse anche una Confra-ternita, che nel 1442 rendeva all'Abate un censo. La Confraternita di S. Maria ad Martyres, mutò il nome in Confraternita del SS. Rosario e agli inizi del '600 fu re-alizzato l'Oratorio, con relative sepolture sottostanti, accanto alla chiesa.

Verso le 17 per chi vuole rimanere raggiungeremo lo stadio Simonetta Lamberti dove assisteremo alla 40 edizione della disfida dei trombonieri. Dal 1974 i Trombonieri di Cava de' Tirreni, suddivisi negli antichi quattro Distretti, in rappresentanza degli otto Casali (Santissimo Sacramento, Filangieri, Borgo Scacciaventi-Croce, Monte Castello, Senatore, Santa Maria del Rovo, Sant'Anna, Sant'Anna all'Oliveto), ammantati dai colori degli sbandieratori Cavensi e da quelli de' I Cavalieri della Pergamena Bianca, si cimentano in una pacifica Disfida di fuoco, per aggiudicarsi una copia della leggendaria pergamena in bianco.

 

 

                        

   

 

 

   

 

 

 

 
 
 

 
Home page del sito GEN Gruppo Escursionistici Naturalistici:  www.fotoeweb.it/gen
Il programma escursioni precedenti del GEN