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Il palazzo, il più antico dei quattro in piazza
del Popolo, viene costruito a più riprese dai signori che
governano la città fra 1285 e il 1625: i Malatesta (1285-1445),
gli Sforza e i Della Rovere (1513-1625). Il nucleo originario si
deve probabilmente a Malatesta dei Sonetti (1368-1429).
Alessandro Sforza per primo (1445-'73) amplia la dimora,
iniziando la ristrutturazione che ingloba la parte malatestiana
entro un corpo di fabbrica affacciato sulla piazza con altri tre
edifici disposti intorno ad un cortile quadrangolare. Il figlio
Costanzo (1473-'83) continua ad abbellire la corte chiamando
artisti illustri come lo scultore pistoiese Domenico Rosselli
che scolpisce porte, camini e finestre poi andati distrutti ad
eccezione delle finestre del salone Metaurense. Della dimora
sforzesca si è conservato solo il corpo frontale, anche se con
alcune modifiche. Della facciata la parte più integra è quella
inferiore con un ampio porticato in sei arcate mentre quella
superiore ha subìto modifiche radicali. La merlatura che corona
l'edificio, più volte modificata, viene sostituita da un
cornicione nel 1774; l'attuale, del 1926, è di proporzioni più
vistose rispetto a quella quattrocentesca. Le arcate delimitano
un'ampia loggia aperta con volte a crociera che si ripetono nel
vestibolo. Tracce quattrocentesche ritornano nella sala Laurana.
Eventi bellici insieme con l'incendio del 1514 danneggiano
pesantemente la dimora sforzesca.
I Della Rovere provvedono prima di tutto alla ricostruzione. Tra
il 1523 e il '32, Francesco Maria I affida i restauri a Girolamo
Genga che ristruttura integralmente i palazzi sforzeschi senza
modificarne l'estensione. Con Guidubaldo II (1538-'74) i lavori
proseguono affidati al figlio di Girolamo, Bartolomeo, che
rivede integralmente l'assetto degli interni e completa l'ala
lungo il corso fino a via Barignani, iniziando la costruzione a
pianterreno dei botteghini per gli artigiani. Le nozze del duca
con Vittoria Farnese nel 1548 sono un'ulteriore occasione per
ampliare il palazzo cui viene dato un aspetto sfarzoso grazie
anche al contributo di artisti come Federico Brandani, Taddeo
Zuccari e Ludovico Carracci. Tra il 1562-'65 viene edificato,
sotto la direzione di Filippo Terzi, il corpo posteriore lungo
via Barignani. Guidubaldo porta a compimento il progetto paterno
di uguagliare in fasto gli altri principi italiani; dopo di lui
Francesco Maria II (1574-1625) - in vista delle nozze del figlio
Federico Ubaldo con Claudia de' Medici - affida nel 1616 a
Niccolò Sabbatini la costruzione dell'ala tra la piazza e via
Zongo adibendola ad appartamento del figlio. Con Francesco Maria
II inizia tuttavia la progressiva decadenza della corte che
investirà l'intero ducato. La morte immatura di Federico Ubaldo
determina la fine dei Della Rovere.
Con il cortile d'ingresso si entra nella parte cinquecentesca
fatta costruire dai Della Rovere; agli interni si accede dalla
sala d'attesa con un camino di Bartolomeo Genga ma è nel salone
Metaurense che l'apoteosi della famiglia raggiunge l'apice. Tra
gli spazi esterni rovereschi ci sono il cortile della "caccia" e
il giardino segreto.
Dopo la devoluzione del Ducato alla Santa Sede nel 1631, il
palazzo diviene abitazione dei cardinali legati causando la
decadenza di gran parte degli appartamenti. Per tutto il '700
numerosi sono stati i danni dovuti a cause naturali e umane.
Solo verso la metà dell'800 si è avuta una piccola rinascita del
palazzo dovuta ai prelati che commissionarono a Romolo Liverani
le decorazioni delle cinque sale del corso.
Dopo la proclamazione del Regno d'Italia, il palazzo è divenuto
- e lo è tuttora - sede degli uffici della Prefettura. Dal 1920
al 1936 ha ospitato i Musei Civici prima della loro sistemazione
definitiva in palazzo Toschi Mosca.
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