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Maschio Angioino di
Napoli
Nel 1279 iniziò la
costruzione del Maschio Angioino, sotto il regno di Carlo I d'Angiò,
su progetto dell'architetto francese Pierre de Chaule.
Il nuovo castello rivestì non solo le caratteristiche di una
residenza reale, ma anche quelle di una fortezza proprio per la
sua posizione strategica.
Fin dall'inizio esso venne chiamato "Castrum Novum" per
distinguerlo da quelli più antichi dell'Ovo e Capuano.
Durante il regno di Roberto d'Angiò il Castello divenne un
centro di cultura dove soggiornarono artisti, medici e letterati
fra cui Giotto, Petrarca e Boccaccio.
Agli Angioini successero gli Aragonesi con Alfonso I, che
seguendo la scelta dei predecessori, fissò la sua dimora reale
in Castel Nuovo iniziandone i lavori di ricostruzione e facendo
innalzare all'esterno, fra la Torre di Mezzo e quella di
Guardia, il grandioso Arco di Trionfo per celebrare il suo
vittorioso ingresso nella città di Napoli.
Con gli Aragonesi si assiste al passaggio dal medioevale
castello-palazzo alla fortezza di età moderna, adeguata alle
nuove esigenze belliche e la zona intorno al Castello perde il
carattere residenziale che aveva con gli Angioini.
La struttura della costruzione aragonese risulta senz'altro più
massiccia rispetto a quella angioina e rispecchia abbastanza
fedelmente quella attuale, scaturita dai lavori di risanamento
dei primi anni di questo secolo.
Il monumento presenta una pianta trapezoidale formata da una
cortina di tufo in cui si inseriscono cinque torri cilindriche
(di cui quattro di piperno ed una di tufo) poggianti su un
basamento in cui si aprono dei cammini di ronda. L'area del
cortile, che ricalca quella angioina, è formata da elementi
catalani come il porticato ad arcate ribassate e la scala
esterna in piperno, opera dell'architetto maiorchino G. Sagrera,
che conduce alla Sala dei Baroni e conferisce a questo angolo
della corte il caratteristico aspetto dei patii spagnoli.
Alla fine del XV secolo i Francesi subentrarono agli Aragonesi
nella gestione del potere in città; tale presenza non durò per
molto tempo, in quanto i Francesi furono sostituiti a loro volta
dai viceré spagnoli ed austriaci.
Durante il periodo vicereale (1503-1734), le strutture difensive
del castello, adibito ad un uso prettamente militare, vennero
ulteriormente modificate.
Con l'avvento di Carlo III di Borbone che sconfisse l'imperatore
Carlo VI nel 1734, il castello venne circondato in varie riprese
da fabbriche di ogni genere, depositi ed abitazioni.
Nel primo ventennio del XX secolo iniziarono a cura del Comune i
lavori di isolamento del castello dalle costruzioni contigue; la
validità di questo intervento scaturiva dal riconoscimento del
valore storico e monumentale della fortezza e dalla necessità
del recupero complessivo della piazza antistante.
Attualmente il complesso monumentale viene destinato ad un uso
culturale ed è, tra l'altro, la sede del Museo Civico.
L'itinerario museale si articola tra la Cappella Palatina o di
S. Barbara, il primo ed il secondo piano della cortina
meridionale a cui si aggiungono la Sala Carlo V (Hl) e la Sala
della Loggia destinate ad ospitare mostre ed iniziative
culturali.
All'ingresso del Castello fra la Torre di Guardia e la Torre di
Mezzo, s'innalza il grandioso Arco che celebra l'ingresso di
Alfonso I d'Aragona nella città di Napoli avvenuto il 26
febbraio 1443.
L'opera, recentemente restaurata, rappresenta il passaggio fra
mondo gotico e mondo rinascimentale ed è formata da due archi a
tutto sesto sovrapposti, che ripetono un motivo architettonico
dell'epoca classica. Il rilievo del fregio centrale, sovrastante
il primo arco, raffigura il Trionfo di Alfonso rappresentato
come imperatore seduto sul carro condotto dalla Fortuna e
circondato dai dignitari della sua corte.
Il secondo arco, invece, doveva contenere la statua equestre del
re aragonese, che non fu mai eseguita e che lo stesso sovrano
avrebbe voluto commissionare a Donatello.
Alla realizzazione del monumento (1453-1479), che riveste una
fondamentale importanza per l'arte del secolo XV, lavorarono
numerosi artisti, fra cui Pere Johan, Guglielmo Sagrera,
Francesco Laurana, Domenico Gagini e Pietro di Martino da
Milano.
L'attuale cortile ricalca quello angioino ma presenta elementi
catalani come il porticato ad arcate ribassate e la scala
esterna in piperno, opera dell'architetto Guglielmo Sagrera, che
conferisce a questo angolo il caratteristico aspetto dei "patii
spagnoli".
Nella parte superiore della scala (Q) che conduce alla Sala dei
Baroni è posto, a destra dell'ingresso, un tabernacolo tardo
gotico finemente intagliato e traforato opera di un artista
catalano. L'edicola ospitava la statua della Vergine del Pilar,
venerata dagli aragonesi.
Accanto al tabernacolo si apre il balcone della Sala dei Baroni,
che presenta una base a forma di piramide rovesciata, ornata da
intagli in pietra di Maiorca, raffiguranti gigli che
confluiscono in un'anfora a due anse simboleggianti l'emblema
dell'ordine del Giglio o della Giarra. |
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